" Necessità abbassa noblità "

by - ottobre 13, 2012



- «In tempo di carestia pane d’orzo», rispondeva padron ’Ntoni. «Necessità abbassa nobiltà».

- Va bene, va bene, siamo intesi! conchiuse Piedipapera, e andò davvero a parlarne con padron Cipolla, nella spezieria, dove don Silvestro era riuscito a tirarli un’altra volta, lui, massaro Filippo e qualche altro pesce grosso, per discorrere degli affari del Comune, che infine erano denari loro, ed è una minchioneria non contare per nulla nel paese quando si è ricchi, e le tasse si pagano peggio degli altri. 

- Voi che siete tanto ricco, potreste dargli del pane a quel poveraccio di padron ’Ntoni, - soggiungeva Piedipapera. - A voi non vi farebbe nulla di prenderlo a giornata con suo nipote Alessi; sapete che ne sa più di ogni altro del mestiere, e si contenterebbe di poco, ché son proprio senza pane. Fareste un affar d’oro, sentite a me, padron Fortunato.

Padron Fortunato, preso così in quel momento, non seppe dir di no, ma dopo che ebbero tirato e stiracchiato un po’ sul prezzo; giacché i tempi erano magri, gli uomini non avevano da lavorare, padron Cipolla faceva proprio un atto di carità a prendersi padron ’Ntoni.

- Sì, lo prendo se viene a dirmelo lui! Lo credereste che mi porta il broncio dacché mandai in aria quel matrimonio di mio figlio colla Mena? Eh? bell’affare che ci avrei fatto! Ed hanno il coraggio di portarmi il broncio per giunta!

Don Silvestro, massaro Filippo, ed anche Piedipapera, tutti, s’affrettavano a dire che padron Fortunato aveva ragione. Brasi non gli lasciava più pace, dopo che gli avevano fatto venire il pensiero di maritarlo, e correva dietro a tutte le donne come un gatto in gennaio ch’era una sollecitudine continua pel povero padre. Ora era entrata in ballo anche la Mangiacarrubbe, la quale s’era messa in testa di pigliarselo lei, Brasi Cipolla, giacché era di chi se lo pigliava; lei almeno era una bella ragazza con tanto di spalle, e non vecchia e spelata come la Vespa. Ma la Vespa aveva la sua chiusa, e la Mangiacarrubbe non ci aveva altro che le sue trecce nere, dicevano gli altri.

La Mangiacarrubbe sapeva quel che doveva fare se si voleva pigliare Brasi Cipolla, ora che suo padre se l’era rimorchiato di nuovo in casa pel colèra, e non andava a nascondersi più nella sciara, o per le chiuse, o dallo speziale e nella sacristia. Ella gli passava davanti lesta lesta, colle scarpette nuove; e passando si faceva urtare nel gomito, in mezzo alla folla che veniva dalla messa; oppure lo aspettava sulla porta, colle mani sul ventre, e il fazzoletto di seta in testa, e gli lasciava andare un’occhiata assassina, di quelle che rubano il cuore, e si voltava ad aggiustarsi le cocche del fazzoletto sul mento per vedere se le veniva dietro o scappava in casa com’ei compariva in capo alla straduccia, e andava a nascondersi dietro il basilico ch’era sulla finestra, con quegli occhioni neri che se lo mangiavano di nascosto. Ma se Brasi si fermava a guardarla come un bietolone, gli voltava le spalle, col mento sul petto tutta rossa, e gli occhi bassi, masticandosi la cocca del grembiule, che ognuno se la sarebbe mangiata per pane. Infine, poiché Brasi non sapeva risolversi a mangiarsela per pane, dovette acciuffarlo lei pei capelli, e gli disse: - Sentite compare Brasi, perché volete togliermi la pace? Io lo so che non sono per voi. Ora è meglio che non ci passiate più di qua, perché più vi vedo e più vorrei vedervi, e ormai sono la favola del paese; la Zuppidda si mette sulla porta ogni volta che vi vede passare, e poi va a dirlo a tutti; ma farebbe meglio a tener d’occhi quella civetta di sua figlia Barbara, che l’ha ridotta come una piazza questa strada, tanta la gente che ci tira, e non va a dirlo quante volte passa e ripassa don Michele, per vedere la Barbara alla finestra.

Con queste chiacchiere Brasi non si moveva più dalla straduzza, che non l’avrebbero mandato via neanche a bastonate, ed era sempre là intorno, a gironzare colle braccia penzoloni, il naso in aria e la bocca aperta, come Giufà. La Mangiacarrubbe dal suo canto stava alla finestra e cambiava ogni giorno fazzoletti di seta, e collane di vetro, come una regina. - Tutto quello che aveva lo metteva alla finestra, - andava dicendo la Zuppidda, e quel bietolone di Brasi prendeva tutto per oro contante, ed era imbestialito, che non aveva paura nemmeno di suo padre, se fosse venuto a prenderlo a scapaccioni. - Questa è la mano di Dio per castigare la superbia di padron Fortunato, - diceva la gente. - Per lui sarebbe stato cento volte meglio dare a suo figlio la Malavoglia, la quale almeno ci aveva quel po’ di dote, e non la spendeva in fazzoletti e collane. - Mena invece non ci metteva neppure il naso alla finestra, perché non ci stava bene, adesso che le era morta la mamma, e aveva il fazzoletto nero; e poi doveva anche badare a quella piccina, e farle da mamma, e non aveva chi l’aiutasse nelle faccende di casa, tanto che doveva andare anche al lavatoio, e alla fontana, e a portare il pane agli uomini, quando erano a giornata; sicché non era più come Sant’Agata, quando nessuno la vedeva, e stava sempre al telaio. Adesso aveva poco tempo da stare al telaio. Don Michele, dal giorno che la Zuppidda s’era messa a predicare sul ballatoio, colla conocchia in mano, che voleva cavargli gli occhi con quella conocchia, se tornava a bazzicar da quelle parti per la Barbara, passava e ripassava per la strada del Nero dieci volte al giorno, onde mostrare che non aveva paura della Zuppidda né della sua conocchia; e quando arrivava alla casa dei Malavoglia, rallentava il passo e guardava dentro, per vedere le belle ragazze che crescevano nella casa dei Malavoglia.

La sera gli uomini, tornando dal mare, trovavano ogni cosa preparata; la pentola che bolliva, e la tovaglia sul desco; oramai quel desco era troppo grande per loro, e ci si perdevano. Chiudevano l’uscio e mangiavano in santa pace. Poi si mettevano a sedere sulla porta, coi ginocchi fra le braccia, e si riposavano della giornata. Almeno non mancava nulla, e non toccavano più i denari della casa. Padron ’Ntoni aveva sempre la casa davanti agli occhi, là vicino, colle finestre chiuse, e il nespolo che si affacciava sul muro del cortile. Maruzza non aveva potuto morire in quella casa; né egli forse vi sarebbe morto; ma i denari cominciavano a raggranellarsi, e i suoi ragazzi ci sarebbero tornati un giorno, ora che Alessi cominciava a farsi uomo anche lui, ed era un buon figliuolo della pasta dei Malavoglia. Quando poi avrebbero maritato le ragazze e ricomperata la casa, se potevano metter su anche la barca, non avevano più nulla a desiderare, e padron ’Ntoni avrebbe chiuso gli occhi contento.


Giovanni Verga da "I Malavoglia"

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